Gli alberi di ferro

Il cuore celtico di Milano con cardellini, codibugnoli, upupe, codirossi, ballerine bianche. O no?

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Gli alberi di ferro

Ho finito giusto stamattina – in un contesto consono al tipo di lettura, ossia al cesso – di sfogliare il libercolo elettorale dell’amica Letizia, stampato a spese del contribuente e tempestivamente recapitato nelle case meneghine in vista delle prossime elezioni. Nel libercolo di cui sopra, abilmente riciclato come ferma-tavolinomoncodellacucina, è evidentemente sfuggita per esigenze di stampa una delle ultime meraviglie milanesi: il CuoreBosco.
Già da qualche giorno mi stavo chiedendo cosa potessero essere gli orribili piloni di ferro montati in piazza San Fedele; oggi i lavori sono quasi finiti, e finalmente sono state inserite delle scritte per placare la curiosità di noi poveri terroni trapiantati a Milano.
Scopro quindi che la centralissima piazza San Fedele era anticamente uno dei due cuori della città, quello celtico (l’altro era quello romano, l’attuale area intorno alla Pinacoteca Ambrosiana).
I Celti, chiamali fessi, se la spassavano in un bosco sacro in cui “stanziavano cardellini, codibugnoli, upupe, codirossi, ballerine bianche”.
Ora il bosco è sparito; è rimasta solo la piazza, i codibugnoli e i codirossi sono stati pensionati e sostituiti dal più moderno casino del traffico e dei clacson.
Fortunatamente ci viene in aiuto l’illustre architetto Attilio Stocchi: il suo allestimento multimediale “si accenderà tutte le sere dal 12 al 17 aprile per mostrare allo spettatore un nuovo visionario theatrum naturae”.

«Grazie a una sofisticata sincronizzazione di immagini, luci e suoni – spiega ancora l’architetto Stocchi – ho voluto realizzare un ambiente che lo spettatore potrà vivere in diretta attraversando sei episodi della giornata, dall’alba alla notte, partecipando ai dialoghi fra il codirosso e la ballerina bianca, al tambureggiare del picchio seguito dalla ghiandaia, assistere alla gara fra la famiglia dei turdidi e quella dei fringillidi, ascoltare le grida della civetta al passaggio delle lucciole. Un gioco di trasformazione di luce in suono, e viceversa, in cui le voci animali interagiscono con le scale cromatiche di tutti i verdi della foresta»

Insomma, è un po’ come quando da piccolo fai il disegno della donnina con due stecchini al posto delle gambe e la casetta con quattro stanghette sbilenche, e la maestra cerca di convincerti che sono una bellissima principessa e un favoloso castello; sul momento ti senti un po’ preso per il culo, ma tutto sommato ti piace immaginare che quelli siano effettivamente una bellissima principessa e un favoloso castello.
Così i milanesi che attraverseranno la piazza di ritorno da un’intensa giornata di lavoro, ancora in giacca e cravatta e con il Blackberry in mano, potranno immaginare di essere immersi nella natura, che quei pezzi di ferro siano dei veri alberi, che i suoni registrati siano veri uccelli e che i giochi di luce siano veri momenti della giornata.
Nei prossimi giorni andrò comunque a vederlo, il risultato dev’essere simpatico, ma… non era il caso di mettere in giro qualche albero vero in più, visto che un paio d’anni fa qualcuno si era anche preso la briga di presentare un progetto per rinverdire il centro di Milano?

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